UNA GUIDA INTEGRALE
Ngawang Lozang Gyatso, V Dalai Lama, è il primo Dalai Lama ad assumere la guida politica, oltre che spirituale, del Tibet. Ancora oggi ricordato con il nome di “Grande Quinto” per la grande rilevanza assunta nel percorso politico della nazione, Lozang Gyatso, nasce nel 1617 da una famiglia aristocratica a sud di Lhasa e fin da piccolo viene notato per la sua eccezionalità da Sonam Choephel, assistente capo del IV Dalai Lama, che individua in lui la reincarnazione del suo maestro.
L’INSEDIAMENTO E IL RITORNO DEL LAMA-PATRON
Nonostante il precoce riconoscimento, il piccolo viene tuttavia tenuto nascosto per qualche anno, a causa delle tensioni religiose e politiche in corso tra i monaci della scuola Gelug e quelli della scuola Kagyu: quindi, compiuti i dieci anni, viene infine condotto al monastero Drepung e ordinato V Dalai Lama dal III Panchen Lama. A Drepung dà mostra delle sue grandi doti, apprendendo con facilità gli insegnamenti della filosofia buddhista e studiando anche astrologia, medicina e poesia.
Divenuto adulto, il destino della scuola Gelug si intreccia nuovamente con le sorti della dinastia mongola, quando nel 1637 il sovrano Gushi Khan (1582-1655) – arrivato alle porte del Tibet con il suo esercito – si spinge fino a Lhasa per portare il proprio ossequio al Dalai Lama. Il giovane maestro resta impressionato dalla valorosità del guerriero e ne accetta il protettorato, conferendogli il titolo di “Re del Dharma, Sostenitore della Dottrina”.
Ancora una volta, il tradizionale rapporto lama-patron torna a rinnovarsi ed è in virtù di questo rapporto che Gyatso prega Gushi di ristabilire l’ordine nelle regioni orientali, dove i monaci Gelupga vivono in condizioni difficoltose. Sedati gli animi, il capo mongolo non arresta la sua azione, ma prosegue fino a conquistare il Tibet centrale, deponendo il re Tsang. È in quest’occasione, nell’aprile 1642, che si colloca il secondo incontro ufficiale tra Gushi Khan e il Dalai Lama. Ad accoglierlo questa volta è il campo di battaglia, e su questo campo il sovrano mongolo proclama il Dalai Lama monarca temporale e capo spirituale del Tibet.
Mentre il Tibet pare di nuovo più o meno forzosamente pacificato, soltanto due anni più tardi, nel 1644, la dinastia cinese Ming viene rovesciata da una nuova dinastia, quella Manchu, che sopravvivrà fino al XX secolo. I consiglieri dell’allora giovanissimo imperatore Shunzhi decidono di instaurare i rapporti con i mongoli e con il Dalai Lama in un clima di cordialità, sia per il grande rispetto portato a Gushi Khan, sia per la loro fede buddhista. Persino, negli anni seguenti il loro insediamento, invitano ben tre volte alla corte di Qing il Dalai Lama, che solo nel 1652 decide di intraprendere il viaggio, arrivando a corte nel gennaio del 1965 e restando a Pechino due mesi.
UN LUNGO ADDIO, UNA LUNGA MORTE
Dopo il ritorno a Lhasa il Dalai Lama si dedicherà quasi esclusivamente allo studio e alla meditazione, incoraggiando i monaci della scuola Nyngma a raccogliere e tramandare i propri insegnamenti e scrivendo ventiquattro volumi, tra cui la storia del Tibet e la sua propria autobiografia. Con un Tibet solido e dai confini ampi, che si conserveranno tali fino al XX secolo, nel 1679 il Grande Quinto annuncia la nomina di un nuovo Desi, Sangye Gyatso, e annunciò il suo ritiro dalla vita pubblica; morirà tre anni più tardi, all’età di 65 anni, non prima di aver istituito il titolo di Panchen Lama (“grande studioso”), conferendolo al suo alleato e insegnante Lobsang Chökyi Gyaltsen (1570-1662).
Temendo le possibili conseguenze di un vuoto di potere, il Desi Sangye Gyatso tiene nascosta la sua morte per ben quindici anni, durante i quali il VI Dalai Lama, segretamente individuato, viene condotto in monastero e preparato al ruolo che lo attende. Quando le circostanze lo obbligheranno a svelare la verità, Sangye Gyatso incontrerà la rabbia del popolo raggirato così lungo. Soltanto la notizia del VI Dalai Lama già in viaggio verso Lhasa per l’insediamento riuscirà a sedare gli animi, permettendo al Grande Quinto di passare finalmente alla storia.